Ben ritrovati.
Siamo al nostro secondo appuntamento e direi che possiamo riprendere dal carattere che in giapponese sta per donna: 女
E’ un carattere che adoro, perché lascia proprio intuire una donna incinta: la discriminante maggiore tra i due sessi.
Ogni kanji possiede due modalità di lettura: una è di provenienza cinese, detta onyomi, l’altra è la pronuncia autoctona detta kunyomi. “Yomi” vuol dire lettura, per l’appunto, “on” vuol dire suono e “kun” vuol dire nativo. In onyomi il carattere di donna si pronuncia jo, invece in kunyomi, si pronuncia onna.
In genere, la lettura di derivazione cinese si usa per i composti, cioè quando il carattere è accompagnato ad altri, ma non è sempre così.
Ricordate? Importando i caratteri dalla vicina Cina, i giapponesi li usarono per il loro significato, con una nuova pronuncia: la propria! Perché se è vero che non avevano un sistema di scrittura, avevano però una lingua parlata che assicurava loro la comunicazione verbale. Potete ben immaginare che con un sistema di scrittura, la loro lingua cominciò ad evolversi ed arricchirsi. Successe quindi che, da quel momento in avanti, le nuove parole che rispondevano alle nuove esigenze di creazioni poetiche, letterarie, ma anche registrazioni anagrafiche o biografiche richiesero la creazione di neologismi e, a quel punto, i giapponesi trovarono comodo usare il kanji non solo per il suo significato ma con il suo suono, così com’era arrivato dalla Cina, in quella lettura originaria che oggi chiamiamo Onyomi. Mi spiego? Immaginate un Giappone di 1500 anni fa, in cui per scrivere “la donna rimase a casa con i bambini” si poteva ben usare la pronuncia ONNA appartenente alla lingua autoctona. Ma per registrare alla prima anagrafe un nascituro di sesso femminile, dovevano creare una nuova parola e tanto valeva mutuarla “tel quel” dal cinese JO+SEI (sei:sesso).
Cerco di spiegarmi meglio scrivendovi i kanji:
女 女性 donna / sesso femminile
本 日本 origine / Sole levante (Giappone)
山 ふじ山 montagna / Monte Fuji
L’ultimo carattere, quello di montagna è accompagnato da due segni grafici che volutamente non vi ho trasformato in kanji, perché mi permettono di traghettarmi verso l’argomento successivo: sono due sillabe di uno dei due alfabeti giapponesi. Con migliaia di kanji perché accontentarsi di un solo alfabeto? Ce ne volevano due! Ma ne parliamo la prossima settimana.
