I KANA: gli alfabeti giapponesi Hiragana e Katakana

Ebbene si, l’occidente ha un alfabeto che varia tra i 21 (italiano), i 24(greco) e i 26 (inglese) segni grafici distinti tra consonanti e vocali, ma pur sempre uno! Il Giappone ne ha due, rispettivamente hiragana e katakana, di 48 segni grafici ciascuno, di cui 5 sono vocalici e gli altri sono sillabici. PERCHE’??

Perché questo fu uno dei compromessi a cui si scese per aver adottato gli ideogrammi di una lingua isolante come il cinese (vedi primo articolo). Per il giapponese, che al contrario flette come l’italiano, l’alfabeto si rendeva necessario per rendere le parti grammaticali: i tempi verbali, le particelle di sostegno dei complementi, ogni tipo di suffisso. Mi spiego? Proviamo a fare qualche esempio, escludo tutte le parti flessive nonché gli articoli e formo una frase in una lingua isolante: uomo coniglio mangiare. Questo è ciò che puoi rendere con tre ideogrammi cinesi.  La prima cosa che balza agli occhi è che non c’è il tempo verbale, ma questo è facilmente risolvibile con un avverbio di tempo. In secondo luogo, non si capisce il soggetto e il complemento: poiché si tratta di una frase breve e poiché parliamo di un coniglio, possiamo supporre che sia l’uomo a mangiare la bestiolina, ma se fosse stato un leone, quanto meno ci sarebbe venuto il dubbio su chi mangia chi? Scherzi a parte, date un’occhiata:

  食  uomo  coniglio mangiare

あるは を べます alcuni uomini mangiano conigli

La parte che vedete fuori dai tre kanji sono lettere dell’alfabeto. Per l’esattezza dell’hiragana e stanno lì a marcare il soggetto e l’oggetto e a coniugare il verbo al presente (Il giapponese non distingue il singolare dal plurale, se non con avverbi di quantità o numerali).

Detto ciò, qualcuno si domanderà: si, ma perché due alfabeti? Come dicevamo, resisi conto della necessità di dover far flettere la propria lingua, i giapponesi inventarono un sillabario, ma un altro se ne era già reso necessario, di forme diverse, non per riportare le parti flessive, ma per fare annotazioni su testi cinesi, per riprodurre il suono e quindi chiarirne il significato.

あるは (ウサギ)を べます

Sopra il carattere centrale, quello di coniglio, è evidenziato l’altro alfabeto che riporta il suono. Queste le origini dei due alfabeti, ma ora diamo qualche informazione in più.

La parola kana presente in katakana e, nella forma sonora gana, in hiragana, vuol dire segno temporaneo, contrapposto a mana che vuol dire segno reale ed è riferibile ai kanji. Hira vuol dire semplice e kata incompleto o parte di qualcos’altro. L’hiragana ha simboli più curvilinei e il katakana più spigolosi. Entrambi traggono ispirazione dai kanji. La tradizione attribuisce la creazione dell’hiragana alle dame di corte del periodo Heyan (794-1185) che non avevano accesso alla cultura: non potevano leggere i libri scritti in kanji e non potevano usarli, ragion per cui scrivevano solo in hiragana, con le difficoltà che comportava una lingua ricca di omofoni. Per questo l’Hiragana era definito onnamoji (caratteri di donna), all’opposto, i kanji e l’alfabeto che ne riportava la fonetica, ovvero il katakana, era detto otokomoji (caratteri di uomo). L’iniziale svantaggio delle donne, darà loro, molto più tardi, lo scettro di regine della letteratura originale, tradizionale, autoctona giapponese. Valga per tutte la celebre Murasaki Shikibu, autrice del Genji monogatari, croce e delizia di tutti gli studenti di Giapponese del primo anno.

Oggi, che il giapponese si è evoluto, il katakana è utilizzato soprattutto per riportare suoni di parole provenienti da altre lingue in particolare anglofone quali: supermarket, internet, password o onomatopee.

Sotto trovate le tavole degli alfabeti e, come potete vedere, ci sono delle frecce. Ed è di quelle frecce che vi parlerò prossima volta. Perché esiste un ordine con cui i segni grafici vanno scritti: rigorosissimo.