La famiglia nella Roma arcaica si bassava su due principi 1. La parentela Agnatizia 2. Autorità indiscussa del Pater familias L'agnazione indica il rapporto di parentela originario che deriva dalla nascita o dall'adozione ma solo della parte maschile ad esempio il fratello nato dallo stesso padre il figlio del fratello ed il nipote di lui . Gli agnati avevano lo stesso capofamiglia e la parentela risaliva fino alla sesta generazione. Il Pater familias esercitava l'autorità assoluta su figli e moglie. La donna era sempre sottoposta alla tutela legale di un uomo padre o marito o di qualche membro maschio della famiglia. Il padre aveva anche diritto di vita o di morte sui figli che venivano sottoposti al rito dell'accettazione. Il bimbo appena nato veniva deposto ai piedi del padre se il padre lo sollevava ed ordinava di allattarlo significava che se ne stava prendendo la responsabilità e lo accettava in famiglia .La levatrice a questo punto rivolgeva una preghiera di ringraziamento a Levana ;passati otto giorni per i maschi e nove per le femmine venivano sottoposti ad un ulteriore rito durante il quale il neonato veniva purificato ed in quel giorno riceveva il praenomen. Nel caso di mancata accettazione i figli venivano lasciati nelle discariche pubbliche e lasciati morire a volte venivano sbranati da orde di cani randagi, quelli più fortunati venivano a volte prelevati da qualche passante e non di rado venivano poi usati come domestici in casa e le femmine avviate alla prostituzione . L'infanticidio era legalizzato e quasi sempre ne facevano le spese i figli illegittimi e le figlie femmine. Durante l'impero il pater familias perde il suo diritto di vita e di morte sui figli ma questa pratica viene abolita solo ne 374 d.C. con l'influsso del cristianesimo. A volte anche se il padre accettava il figlio al al momento della nascita non sempre se ne prendeva la responsabilità fino all'età adulta, in seguito poteva decidere di venderli come schiavi ed in casi estremi persino ucciderli ,pratica di cui si hanno notizie fino al I secolo a.C. I riti matrimoniale a cui si sottoponevano i romani erano diversi. Il primo era la Confarreatio una cermonia a cui si sottoponevano le famiglie patrizie . Il rito richiedeva la presenza del pontefice massimo .Gli sposi si sedevano vicini su due sgabelli,coperti da vello di pecora , mangiavano una focaccia di farro e si facevano sacrifici a Giove Capitolino alla presenza di 10 testimoni. I plebei invece si sposavano per Coemptio dove in pratica il padre della sposa inscenava una sorta di vendita della figlia davanti a 5 testimoni e lo sposo poneva su un bilancia la merce che dava al suocero in cambio della figlia. L'ultima forma era l'Usus che veniva concesso quando un uomo ed una donna non coniugati avevano convissuto ininterrottamente per un periodo di almeno un anno. i due inoltre dovevano dichiarare di voler vivere come marito e moglie. Le regole che stabilivano i matrimoni erano rigide ma non erano indissolubili. Un uomo poteva ripudiare la moglie incolpandola di qualcosa e la donna veniva condannata dal consiglio di famiglia e doveva restituire l chiavi della casa al marito. Nel II secolo d.C. la parentela agnatizia e la potestà del capofamiglia caddero in disuso e la parentela venne riconosciuta anche per parte della donna. Con l'imperatore Marco Aurelio si riconobbe il diritto di sangue ,riconoscendo la successione anche ai figli illegittimi. Il pater familias si lascia dietro la sua figura dura e finisce per essere fin troppo morbido nei confronti dei figli. Anche i riti matrimoniali cambiarono. La confaerratio non venne più praticata ed Ottaviono abolì l'usus e si iniziarono a celebrare forme di matrimonio, più simili a quelle che si vedono oggi, precedute dal fidanzamento. Anna